venerdì 21 dicembre 2007

Buon Natale



A tutti voi, i miei più sinceri auguri per un 2008 ricco di creatività e soddisfazioni.

venerdì 28 settembre 2007

Don't worry...

Never never give up!You can be sure, it's certain. "Wines" make me so busy, but I would come back better than ever.
What about "Clockwork orange"? Miei appassionati di cinema, richiedo un vostro commento! Il mio gulliver è davvero fuori uso al momento e soprattutto, chiedo venia, ma HO ERSO TUTTA LA PARTE DELLA TRASFORMAZIONE POST RECLUSIONE!!!! Certo, scenografie, design d'interni e musiche... fantastiche e poi la voce "bianca" e i toni del drugo sono impressi nella mia mente, insieme alle sue ciglia!!!! ..I'm singing in the rain...

giovedì 13 settembre 2007

Non può finire così


Dispersi in tutte le direzioni...Babbanucci miei, abbiate cura di voi, copritevi bene e attenti alla correnti d'aria.

venerdì 13 luglio 2007

Gran Prix viral

Quest'anno il Gran Prix di Cannes è stato assegnato ad un video nato come viral, e poi passato in tv unicamente per poter partecipare al concorso. Si tratta (ma non ha molta importanza) di "Evolution" per Dove, il noto sapone, realizzato da Ogilvy & Mather Canada. La giuria ha addirittura deciso un cambio di categoria del video per potergli assegnare il premio più ambito. Se volete vedere il video non avrete alcuna difficoltà a trovarlo, è ovunque! Ma non è questo il punto. Ha vinto perchè era un viral. A detta di molti, non era il video migliore. E' stata (giustamente o no) premiata la strategia sottostante il video. E' un fatto storico per l'advertising. La giuria ha voluto premiare il coraggio e l'abilità di usare bene i nuovi strumenti, che sono ormai noti a tutti ma che è difficile gestire. In pratica un bel casino, in termini tecnici, of course.
Ah, ricordate il post di Matt sul viral mktg? L'allestimento dell'aereoporto di Venezia stile casinò ha vinto il bronzo nella sua categoria, uno dei pochissimi exploits italiani. Per il resto ci hanno sbranato.
Più lavoro per noi,no?

Se l’infinito diventa polvere

“chi non sa rendersi conto di tremila anni resta all’oscuro, ignaro, vive alla giornata”
(J. W. Goethe)

Mi è capitato in questi giorni di affrontare, finalmente dopo mesi di procrastinazioni, la lettura di uno di quei libri che costituiscono un incontro carico di suggestioni e ricchezze inattese; un libro che racconta dell’inesauribilità del tentativo di penetrare l’universo del senso, dimostrando come le parole, usate spesso distrattamente, siano in grado di creare un mondo con tutte le sue coordinate. “Vi sono parole fatte fluitare dalle onde dei secoli remoti; giungono intatte sino a noi, ma non si possono accogliere solo col suono delle loro sillabe, occorre auscultarle acutamente per sentirvi dentro il loro segreto, come in una conchiglia si sente l’eco di oceani abissali”. Il libro cui mi riferisco è: L’infinito un equivoco millenario di Giovanni Semerano, un volume che ha esercitato su di me una notevole impressione spingendomi a scrivere queste brevi notazioni. Come osserva Emanuele Severno “i libri di Semeraro sono una festa per l’intelligenza”, una sfida nei confronti di un sapere che viene chiamato a rimettersi in gioco. La rivoluzionaria tesi alla base di questo saggio, come di tutte gli studi di questo grande filologo che ha speso una intera vita a scavare sul senso e dentro le parole, è che alla origine della civiltà del nostro continente ci sia il mondo culturale, le antiche lingue del vicino Oriente, l’accadico, il sumero, “lingue, cioè che dettero voce al pensiero, alla scienza, al fervore religioso congiunto al fascino del misterioso nel cosmo, del quale l’uomo può sentirsi per un attimo centro per essere sommerso, come Gilgameš, nella disperata certezza delle fine di ogni orgoglio”. Supportando il suo discorso con acribia degna di nota Semerano dimostra dunque che il ricorso all’accadico, come lingua antichissima di più larga documentazione, dispensa dal ricorso a lingue affini, e sostituisce il rituale richiamo all’indoeuropeo congetturale dei manuali e dei dizionari etimologici. Uno dei risultati più interessanti dell’applicazione di questa teoria si ha in relazione alla traduzione del celeberrimo detto di Anassimandro, cui è appunto dedicato il volume di cui parlo. Secondo la traduzione corrente il detto di Anassimandro viene reso in questi termini: “il principio degli esseri è l’infinito… In ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi vi si compie altresì la loro dissoluzione, secondo necessità: infatti reciprocamente scontano la pena e pagano la loro colpa secondo l’ordine del tempo”. Nel suo libro Semerano dimostra che il termine utilizzato da Anassimandro e cioè Apeiron, la prima parola della filosofia, solitamente tradotto con il termine infinito secondo la lezione di Platone e Aristotele ripresa da tutta la storia della filosofia, in realtà vuol dire molto più semplicemente terra, polvere, fango derivando dall’accadico eperu, vicino al semitico apar. Il detto di Anassimandro parlerebbe, in virtù di questa nuova impostazione, della terra, la polvere, l’apeiron dal quale nascono e al quale ritornano gli esseri, rivelando significative affinità con la sentenza biblica e quindi con la cultura semitica, dove il creatore plasma il primo uomo con l’apar, la polvere della terra, cui l’uomo è destinato a ritornare dopo la maledizione divina. L’apeiron, che avrebbe un significato più modesto e vicino all’acqua di Talete e all’aria di Anassimene, come infinito ha sollecitato per ventitrè secoli le acuzie critiche degli interpreti, una storia che va da Aristotele fino ad arrivare alle pagine piene di pregnanza filosofica di Severino e Heidegger, un prodigioso sforzo di penetrazione che parla una volta di più dell’inappagato desiderio umano di assoluto cui potremmo apporre come epigrafe conclusiva le parole di Novalis: “Cerchiamo dovunque l’incondizionato e troviamo sempre e soltanto cose”. Credo che anche solo questi brevi richiami illustrano la portata dell’ipotesi di Semerano, uno studioso che nel corso della sua attività non ha trovato in ambito accademico il giusto grado di considerazione, probabilmente perché la sua è una proposta che fa vacillare apparati culturali, autorità e poteri collegati a quegli apparati. Avvicinarsi a questa nuova prospettiva è, comunque, una avventura degna di essere intrapresa, nella consapevolezza che “il futuro ha un cuore antico, e avviare un nuovo rapporto culturale con il remoto passato salda una nuova unità spirituale fra noi e i popoli scomparsi che come astri spenti, continuano a irradiare il lucente messaggio che giunge sino a noi. A essi mancò il dovuto riconoscimento di essere alle origini operanti sugli avvenimenti dei nostri destini”.

....

...e pure i video!! Non lo ricordo più! Sono peggio di mia nonna in quanto a memoria!!!!

...

... e anche i video!!!! Non lo ricordo più!!! Sono peggio di un'80enne!!!

Aiuto!!

Ragazzi qualcuno mi sa dire come inserire un power point nel post? Vorrei farvelo vedere ma non so come fare!!!!!

mercoledì 11 luglio 2007

lunedì 9 luglio 2007

Abu Ghraib: dalla banalità del male all’universalismo etnocentrico

Raccolgo l’invito di rox e a partire dalla bella analisi da lei proposta esprimo alcuni spunti di riflessione che vorrei condividere. Il primo dato che mi sento di evidenziare è la palese discrasia fra il nudo orrore documentario testimoniato da quelle immagini che “grazie alla loro semplicità di facciata ci provocano, costringendoci, anzi, a schierarci contro quell’orrore tanto concettuale quanto materiale” e la costruita, occultatrice artificiosità delle dichiarazioni ufficiali, che hanno accompagnato quelle immagini con la decisione di evitare accuratamente la parola tortura. Si poteva al limite ammettere che i prigionieri fossero stati sottoposti ad abusi forse umiliazioni, ma niente di più. Le parole tradiscono intenzioni, alterano, cercano di sovrapporsi artatamente al reale. Sotto questo punto di vista non c’è niente di nuovo: basti ricordare la ferma volontà di evitare la parola tortura, mentre in Ruanda più di 800 mila tutsi venivano massacrati dai loro vicini hutu nel giro di poche settimane, volontà che tradiva la decisione da parte dell’amministrazione americana di non intervenire nella vicenda. Il dato più allarmante che emerge da quelle immagini è, però, proprio quel carattere ordinario che le rende “inquietantemente vicine ad un “banale” – per quanto macabro - album di famiglia”. Queste immagini ci dicono non solo che tali atti sono stati compiuti, ma che chi li ha perpetrati credeva che nel farlo non ci fosse nulla di sbagliato. Se a questo si aggiunge la considerazione che erano destinate a circolare e ad essere viste da molte persone, le fotografie indicano una cosa ancora più agghiacciante: che le si faceva per divertirsi, sicuri dell’approvazione del pubblico cui erano destinate. Ci troviamo di fronte al realizzarsi di uno scenario come quello preconizzato da Anna Arendt, ovvero quello di una società resa ormai atomizzata dall’avvento dell’animal laborans che ha preso il posto dell’homo farber, che nel suo sviluppo più recente “termina nella più mortale e nella più sterile passività che la storia abbia conosciuto”. Un individualismo atomistico e una passività che rendono possibile quella “banalità del male” di cui parla la filosofa nel suo celebre e drammatico resoconto del processo Eichmann. Quando assume il volto di personaggi ordinari per certi aspetti grigi, come hanno dimostrato di essere con le loro dichiarazioni gli autori di tali torture, il male acquista una dimensione orribilmente pervasiva, viene normalizzato e diviene, per l’appunto, drammaticamente banale. Ma la nuda evidenza di quelle immagini costituisce al contempo anche una evidente contraddizione nei confronti di tutto ciò che questa amministrazione ha invitato l’opinione pubblica a credere sulle buone intenzioni dell’America e sull’universalità dei suoi valori. Proprio questa pretesa universalità dei valori occidentali costituisce uno degli aspetti su cui ruota gran parte dell’apparato ideologico che tende ad ammantare l’azione unilaterale dell’America sulla scena mondiale in difesa dei propri interessi. A proposito di questa pretesa afferma Serge Latouche: “l'universalismo è una creazione dell'occidente, perché è un'ideologia occidentale, e una forma di imperialismo culturale: in fondo, è l'identità della "tribù occidentale" (per riprendere il termine di Rino Genovese). Io credo invece che dobbiamo valorizzare l'aspirazione a un dialogo fra le culture, a una coesistenza delle culture. Per questo alla prospettiva dell'universalismo opporrei piuttosto un "universalismo plurale," che consiste nel riconoscimento e nella coesistenza di una diversità, e nel dialogo fra queste diversità. Dietro a tutto ciò sta una questione filosofica molto importante, perché l'universalismo si è fondato sulla credenza in valori "naturali": si pensa che i valori occidentali siano degni di essere diffusi ovunque, che siano migliori dei valori di altre culture, perché li si considera insiti nella natura dell'uomo, si pensa che l'occidente abbia espresso meglio di altre culture ciò che accomuna tutti gli esseri umani”. Particolarmente attuale su questo punto mi sembra l’analisi di Lévi-Strauss, un autore a me molto caro, la cui lettura ha avuto il sapore di una rivelazione. Vorrei tratteggiare alcuni aspetti del pensiero di questo grande antropologo perché lo ritengo il più efficace antidoto contro la pretesa cui si accennava sopra e magari anche per invogliare eventualmente la lettura dei suoi scritti. L’opera di Lévi-Strauss si presenta come straordinario strumento di «attraversamento culturale», che riconosce pari dignità umana alle molteplici forme in cui si manifesta la civiltà. La prospettiva lévi-straussiana impone a riguardo un radicale cambiamento di punto di vista: dove il pregiudizio eurocentrico vedeva confusione, arbitrarietà, egli scopriva ordine e sistematicità, al posto di una mentalità primitiva dominata dal sentimento e dalla affettività, un pensiero riflessivo, profondo e conseguente. Lévi-Strauss parla di pensiero selvaggio mettendo in luce le categorie semantiche e concettuali attraverso le quali i cosiddetti primitivi danno ordine e classificano il mondo naturale e sociale, costruiscono una propria visione del mondo e degli esseri viventi. L’indagine lévi-straussiana sconvolge la quiete conformistica del nostro spirito, la quale era solita assimilare la magia all’ignoranza, il selvaggio all’animale, le credenze totemiche all’incapacità, religiosa e scientifica, di distinguere il destino privilegiato dell’uomo da quello servile dell’animale. Partendo dall’assunto della propria superiorità, l’uomo occidentale fa sì che l’altro, il diverso sia spinto ai margini di un concetto di umanità che assume i tratti ristretti del suo orizzonte culturale. Lévi-Strauss studiando le piccole tribù malanesiane, i Caduvei, i Bororo, i Nambikwara, sottolinea la continuità degli atteggiamenti logici, l’universalità del pensiero mitico e simbolico, insomma ritrova «negli uomini più umiliati e avviliti dalla sorte la comune dignità umana, l’uomo senza aggettivi, al di là dell’antitesi tra civile e selvaggio, colto e illetterato, evoluto e primitivo, uomo bianco e uomo di colore». Si può scorgere in questa riflessione dell’etnologo un distanziamento, metodicamente attuato e per certi aspetti tematizzato, nei confronti di se stessi, che è il principio di ogni etica. Un messaggio etico contenuto in un pensiero interamente speso per dimostrare quali ricchezze alberghino nel cuore delle civiltà definite «primitive» e questa dimostrazione «rappresenta per la nostra cultura, un allargamento “umanistico”, che ha ben pochi esempi nel passato». Questo allargamento umanistico consente di smascherare l’arbitrarietà della nozione di umanità propriamente occidentale e il concetto di civiltà ad essa associato. Facendosi scudo della missione di incivilimento dei barbari, l’Occidente si è lanciato alla conquista delle popolazioni del Terzo Mondo. Lévi-Strauss denuncia i limi etnocentrici della distinzione tra barbarie e civiltà, nonché i rischi di autoespropriazione dell’umanità presenti nel processo di occidentalizzazione indiscriminata. Sono queste le implicazioni più feconde di un pensiero che, ponendosi al di là del falso universalismo etnocentrico, rappresentato dalle forme attuali di espansione occidentale collegate alla globalizzazione, individua nella collaborazione delle culture, rispettosa della loro identità, una necessità imprescindibile. Comprendere e rispettare è la premessa per un mutuo e proficuo scambio. Viviamo in un’epoca caratterizzata da sempre più intensi e accelerati processi di acculturazione. Il superamento del pregiudizio razziale, ideologico o monoculturale, o il loro mancato superamento, condizioneranno il nostro futuro. Se il pregiudizio della monocultura, di cui le foto di Abu Ghraib rappresentano un piccolo estreme esito, con tutto il suo portato di discriminazione, persecuzione, guerre sante, sottosviluppo ed etnocidio, non verrà superato, è facile prevedere un futuro senza speranza. Per questo, considero di grande attualità l’antropologia lévi-straussiana che, portandoci alla presenza dell’Altro, costituisce una salutare scuola di dubbio, secondo la definizione che Cantoni ha dato delle scienze umane. Un «dubbio antropologico» che mette in crisi falsi assoluti, comode certezze e ridesta il gusto della critica in molte menti prigioniere di dogmi perentori.


Approfitto dello spazio per ringraziare da avertiser a rox per la bontà generosa dei vostri commenti con l’unica prosaica eccezione di maschio da caserma. A rox che ho letto interessata a R. Barthes mi permetto di consigliare, come lettura d’approccio a questo straordinario autore, Frammenti di un discorso amoroso, luminoso esempio della sensibilità di Barthes, che afferma la solitudine del discorso d’amore da tutti praticato ma da nessuno sostenuto. Un libro, che in una serie di saggi ordinati secondo la successione alfabetica, testimonia della sua capacità di individuare i più impercettibili movimenti legati a questo sentimento, non fornendo formule ma una superficie lucida di intelligenza con cui specchiarsi, confrontarsi e forse conoscersi un po’ di più.

venerdì 6 luglio 2007

Note sul fermo in moto 2 bis

Abu Ghraib. Fotografie-choc
di Gerardo Regnani06/06/2005
Le immagini relative alle crudeltà commesse dai secondini ai danni dei prigionieri detenuti nel carcere di Abu Ghraib, in Iraq, sono tornate di recente agli onori della cronaca in relazione ad alcuni sviluppi delle vicende giudiziarie ad esse collegate. Ma non è dell’aspetto legale che qui ci occuperemo, né di altri aspetti relativi alle questioni (come quelle politiche, ad esempio) che quella guerra ha sollevato. Il pretesto offertoci dal loro riemergere sembra poter essere utile, piuttosto, per riflettere sulle tracce che ci hanno o dovrebbero eventualmente averci lasciato queste immagini.
La riflessione si ispira ad uno scritto di Roland Barthes (1915-1980) intitolato appunto “Fotografie-choc” e contenuto, insieme ad altri testi scritti tra il 1954 e il 1956, nella celebre raccolta Miti d’oggi. Il libro fu pubblicato in Francia nel 1957, successivamente tradotto in italiano dall’Editore Lerici nel 1962 e riedito da Einaudi nel 1974. Soggetto dell’analisi barthesiana furono, anche in quel caso, delle immagini relative ad eventi cruenti, benché appartenenti ad un genere di reportage che potremmo definire, oltre che diverso, più “tradizionale” rispetto a quello proveniente dall’Iraq, praticamente “fatto in casa” da alcuni degli stessi attori protagonisti; aspetto, questo, che rappresenta una delle peculiarità di queste immagini.
Nel suo breve saggio Barthes distingue le immagini di cui tratta, innanzi tutto, in due gruppi, ovvero: quelle realizzate da un fotografo (reporter?), da una parte, e quelle (generiche) “di agenzia”, dall’altra. Quest’ultima tipologia, seppure con qualche forzatura, sembrerebbe potersi adattare alle immagini realizzate nella prigione irachena e poi circolate, praticamente in tutto il mondo, grazie anche all’opera amplificatrice della rete. Di fatto – escludendo, in questa sede, un eventuale discorso inerente plausibili “regie” occulte - non si è trattato di un singolo “autore” che, materialmente, ha eseguito le riprese, bensì di diversi che, in varie circostanze, hanno realizzato queste impressionanti fotografie. Una distinzione importante, se paragoniamo queste riprese ad un reportage “classico” realizzato da un professionista, che può aiutarci a comprendere meglio l’insieme dei segni lasciati da queste immagini sull’immaginario collettivo.
Secondo Barthes, nel caso in cui ci si trovi di fronte ad immagini realizzate da un “comune” reporter, sebbene talune fotografie vengano realizzate con lo specifico intento di impressionare i suoi destinatari, esse non sempre riescono nel loro intento proprio perché risultano sovente compromesse dalla loro intenzionale componente narrativa di fondo. L’autore, sostituendosi premeditatamente allo sguardo dell’ipotetico spettatore finale, tenderebbe inevitabilmente ad enfatizzare il “suo” racconto al punto da poter far sembrare eccessivamente costruita l’eventuale mostruosità “documentata” dalle fotografie. In tal modo, poche di queste riuscirebbero davvero a produrre un autentico shock, limitandosi piuttosto, nella generalità dei casi, solo a significarlo. Sono immagini che, diversamente da quanto sembrano veicolare quelle prodotte nel penitenziario di Abu Ghraib, risultano sovente troppo efficienti, troppo ingegnose per poter emozionare chiunque indistintamente.
Il fenomeno, se osservato da una prospettiva mcluhaniana, parrebbe delineare, peraltro, i contorni di un medium “caldo”, incline a non lasciare ai suoi destinatari molti spazi interpretativi da completare, piuttosto che uno “freddo”, in grado, invece, di stimolare un esteso contributo partecipativo da parte dei soggetti coinvolti nella visione.
Le “fredde” immagini della galera irachena, nonostante manchino proprio di quella perfezione caratteristica di un lavoro ben composto – quale potrebbe essere un qualsiasi reportage “tradizionale” - sembrano, tuttavia, molto più adatte di altre a stimolare la nostra attitudine al giudizio. Differentemente, infatti, da lavori sovrabbondanti di suggerimenti, le immagini prodotte in Iraq non sembrerebbero sempre ed altrettanto gremite di elementi di riferimento e, perciò, parrebbero consentirci una maggiore libertà ideativa, consentendoci di costruire più liberamente una “nostra” storia personale, meno vincolata dalle indicazioni narrative dell’autore originario. Una libertà di invenzione che si alimenta anche della natura (solo apparentemente) “ordinaria” di queste immagini così inquietantemente vicine ad un “banale” – per quanto macabro - album di famiglia. Le immagini di quelle vessazioni fisiche e psichiche non sembrano (superficialmente, s’intende) vincolate a priori da un preconfezionato ed inalterabile obbligo all’accondiscendenza ideologica, tutt’altro; grazie alla loro “semplicità” di facciata ci provocano, costringendoci, anzi, a schierarci contro quell’orrore tanto concettuale quanto materiale. Ci invitano, dunque, a completare quella terribile narrazione della quale abbiamo soltanto delle “tracce” fotografiche. Delle impronte “mute” che ci chiedono di partecipare, integrando la frammentaria narrazione visuale che ci è stata offerta senza essere già stata, in precedenza, fatta del tutto propria dai suoi “autori reali”.
Ciò detto, i creatori di queste immagini, plausibilmente, non intendevano né spiazzare né turbare il “loro” pubblico, al contrario cercavano la “divertita” compartecipazione di un’audience immaginaria che, in luoghi e momenti differenti, avrebbe poi visto queste riprese. C’è stata, quindi, una tendenza a voler riassumere in queste scene raccapriccianti i momenti topici di una “allegra” vita carceraria, benché, a differenza di opere con maggiori pretese narrative, non si intraveda un’accanita insistenza sul “momento più raro di un movimento” anche se, di fatto, di istanti pieni di eccessi, in realtà, si è trattato.
In ogni caso, uno degli elementi caratteristici di queste agghiaccianti icone continua ad essere l’assenza apparente di una “costruzione” di fondo, motivo per cui gli attimi congelati nelle inquadrature non sembrano, almeno ad un primo sguardo, essere particolarmente meditati, analogamente ai tanti altri ritagli della “realtà” che spesso intravediamo più o meno distrattamente nel turbinio massmediatico contemporaneo.
Queste immagini sono, però, sembrate in grado di sopravvivere al disattento ed effimero interesse dei più, smuovendo qualcosa – un humus culturale ed ideologico preesistente, ovviamente – che si è alimentato, appunto, dell’orrore segnalato da queste “testimonianze”. Un effetto, si è detto, paradossalmente enfatizzato proprio dalla non sempre lineare leggibilità di molte di queste immagini, la cui essenza scandalosa, in qualche caso, deve essere ricercata e perfezionata da ciascuno di noi, piuttosto che essere già impeccabilmente preconfezionata da qualcun altro. In questa ovattata sinergia, in questo impercettibile contratto con lo spettatore finale, si delinea ancor più marcatamente l’agghiacciante “fotogenia” di queste immagini. Una capacità di resa che si nutre dell’incredulità del pubblico che, dopo aver “interpretato” quanto ha visto, tende comprensibilmente a trasalire di fronte al terribile significato di simili visioni.
Queste fotografie sembrano, inoltre, tanto più efficaci rispetto ad altre più ambiziose proprio per la loro natura di istantanee intermedie – mediane, potremmo dire, ove la medianità sarebbe da considerarsi, secondo la critica bordieuiana, l’anima più profonda ed autentica della fotografia – perennemente in bilico tra gli estremi di una schiacciante referenzialità dell’immagine, per un verso, e l’enfatizzazione simbolica dell’evento rappresentato, dall’altro. Nel caso di Abu Ghraib, questa intesa sinergica ha registrato la convergenza di elementi di rilievo quali la tangibile letteralità delle raffigurazioni e l’integrazione narrativa che, in solitaria o attraverso il “rinforzo” mediatico, è stata poi fatta da coloro che hanno visto queste riprese.
Il completamento che queste immagini – una versione “fredda” del medium fotografico, si ipotizzava – è stato reso certamente più denso anche dalla distanza di quelle “pratiche” dal fare comune di tanti di noi, dalla “lontananza” non solo simbolica di molti spettatori da quell’inferno reale ed intellettuale.
La naturale ambiguità della fotografia imponendo, comunque, il coinvolgimento di chi “vede” ha fatto il resto, stimolando, in questo caso, il desiderio di chiarire, di comprendere appieno il perché del pathos, della drammaticità estrema di questi “documenti” visuali. Il giudizio critico successivo è il frutto di una cointeressenza che, rendendo protagonista chi guarda queste immagini, attenua la funzione demiurgica - creatrice ed ordinatrice - del fotografo originario e, più in generale, della fotografia nel suo insieme, amplificando, quindi, la compartecipazione dell’osservatore che non trovandosi di fronte ad un racconto già tutto scritto potrebbe sentirsi coinvolto nella funzione narrativa.
Racconto che pur offrendoci solo un’impressione lacunosa di quella raccapricciante dimensione ci pone, in ogni caso, nella condizione di poter ben immaginare, seppure da lontano, l’orrore complessivamente veicolato da quella comune e pervasiva estensione della mente che è, in definitiva, la protesi fotografica.
Non credo ci sia bisogno, da parte mia, di aggiungere qualunque commento alle immagini e all'analisi che ne segue... liberi voi di farlo, anzi sarebbe auspicabile, forse!
Solo questo..cercavo notizie e approfondimenti su"I miti d'oggi", appunto, e mi sono imbattuta in queste troppo "comuni", purtroppo, realtà.

giovedì 5 luglio 2007

Note sul fermo in moto 2

“Il bello è sempre bizzarro”
(C. Baudelaire)

“Non so perché la gente si aspetti che l’arte abbia un senso, visto che accetta l’idea che la vita sia priva di senso. Io sono della scuola Western Union. Se vuoi mandare un messaggio, rivolgiti alle Western Union”
(David Lynch)


Girata interamente in digitale, l’ultima poderosa opera di Lynch, dopo l’imbricamento fantastico di Muholland Drive, getta un nuovo sguardo sulla città di Los Angeles invertendone la direzione, non più dall’alto delle colline di Hollywood verso il tappeto lucente della città, ma dal basso in su, dalla periferia al centro, dal Sunset boulevard ai riflettori con spiazzanti puntate in una Polonia di mercenari importatori di prostituzione. Siamo di fronte ad un testo che difficilmente si lascia imbrigliare in categorie, in tentativi di riduzione critica richiedendo prima di tutto un approccio intuitivo e offrendo la possibilità di compiere una vera e propria esperienza nel senso più vero e proprio che il cinema intende. Afferma lo stesso Lynch: “Mi piace pensare che si possa entrare a far parte di uno spazio che è uno spazio filmico, fosse solo per un solo momento… in questo spazio visivo e sonoro, si dovrebbe conoscere qualcosa una sensazione, impossibile se non ci fosse il cinema”. Materia incandescente quella di questo film con cui faremo i conti ancora per anni nel tentativo inesausto di venirne a capo. Quanto finora affermato inquadra in modo adeguato il maldestro tentativo che compirò per stabilire una segnaletica provvisoria e alcune suggestioni che l’opus lynchiano mi ha trasmesso sottolineandone la parzialità e costitutiva soggettività. Per penetrare il viluppo diegetico del film, occorre prendere le mosse dalla continua sovrapposizione di nuclei di riferimento come spazio tempo, presente passato, sogno realtà, che interferiscono in continui cortocircuiti percettivi. Si parte dal remake di un film Il buio cielo del domani per cui viene scritturata l’attrice Nikki Grace, interpretata da una splendida Laura Dern; questa circostanza è preannunciata dalla vicina onnisciente, in cui si può riscontrare un sorta di personificazione correlativa del regista, che come tale suggerisce lo sviluppo del racconto. A partire dalle prime riprese del film incomincia lo sfasamento dei piani temporali che crea una pulviscolare moltiplicazione delle direzioni di sviluppo narrativo, che, ancora una volta, diventa rappresentazione del lavoro del regista, il quale ammicca di fronte alla sua opera come in quadro di Velasqez. Come in Strade perdute assistiamo al dissolvimento delle identità e al loro irrefrenabile moltiplicarsi. Nikki appare ubiqua e riesce a scomparire nel luogo proprio di ogni apparizione/rappresentazione: il set cinematografico. I personaggi diventano assolutamente interscambiabili sul piano cronologico, Nikki e Devon diventano alternativamente gli interpreti del remake, dello script originale; lei ha un marito geloso, o forse un marito polacco invischiato nel malaffare; lei fa l’attrice oppure la prostituta, eccetera. La tranquilla scansione degli avvenimenti che ci fa stabilire placidamente un prima e un poi, una direzione univoca, che con l’aiuto dell’abitudine, come voleva Hume, ci permette di stabilire solidi rapporti causali, è completamente stravolta. Tracce indiziali sono astutamente sparse per il film, ma repentinamente smentite, banali dati quotidiani si inseriscono nel groviglio onirico/narrativo. Tutto questo, a sua volta, viene presagito nella sitcom dei conigli (che è anche una impietosa e ironica critica dello squallido gusto per la telenovela nazionale) dove lo scambio di battute dal sapore straniante sparge nuovi indizi interpretativi, per poi fare cortocircuito con lo sviluppo narrativo. Vi è poi l’incontro di Nikki con quello che si rivela essere, in uno spiazzante esempio di mise in abyme, il proprietario della sala in cui si proietta Inland Empire, cui la protagonista racconta gli sviluppi della propria vita e di altri possibili plot narrativi, che rimangono privi di seguito e che diventano rappresentazione del momento germinativo dell’idea narrativa. A concludere il film e ad indicare la presenza di altre possibilità del narrare spunta un altro set che viene mostrato sui titoli di coda, ad esaltare ulteriormente l’apoteosi e le possibilità espressive di un mezzo qui completamente libero quelle logiche spettacolari esemplarmente denunciate da Debord e che hanno reso in altro luoghi il mezzo cinema del tutto asfittico. E proprio come voleva il pensatore francese questo film opera un vero e proprio detournement rispetto alle modalità rappresentative del mezzo, fa implodere le logiche holliwoodiane, spinge alla deriva i generi parodiandoli e illuminandoli con accensioni oniriche. Un film che non si centra su una storia, ma che diventa rappresentazione della la visione, in tutti i suoi stadi, dalla manifestazione alla procreazione. Un’opera che può essere letta come materializzazione visiva degli infinti mondi possibili nel continuo spazio-temporale, trovando in questo in suo antecedente illustre in L’anno scorso a Marienbad di Resnais. Di questo ultimo Deleuze scrive “la prima novità di Resnais è la scomparsa del centro o del punto fisso” . Come in Inland Empire in Marienbad troviamo un riecheggiare continuo delle stesse frasi, delle stesse situazioni, delle stesse immagini in contesti temporali e spaziali diversi. Naturalmente il film inizia con una rappresentazione teatrale, e cosa vi vediamo raccontato? La stessa vicenda che vedremo nella diegesi. Come osserva Deleuze a proposito di Marienbad “non è più, o non è più solo, il divenire indiscernibile di immagini distinte, sono alternative indecidibili tra cerchi di passato, differenze inestricabili tra punte di presente”. Una molteplicità di situazioni sono ripetute al punto da rendere indistinguibile, o forse superflua, la differenza tra la realtà e la sua rappresentazione, tra il ricordo vero e quello falso, tra il presente e il passato. Per evocare la forza della ripetizione e lo sfaldamento di un unico enunciato su diversi piani e punti di vista, dev’essere messa in campo una dissonanza tra questi piani. Situazioni di attrito tra diversi piani si ripeteranno lungo tutta il corso della pellicola e la dissonanza si fa sempre più stridente. I piani collidono e si sfaldano. Il differimento è sempre differito rispetto a un altro differimento. Continuando in questo deriva teorico-filosofica potremmo trovare nella rappresentazione del film di Resnais e ancora di più in quello di Lynch un modello della teoria dei mondi possibili applicata da Eco ai testi narrativi in Lector in Fabula. “Per far sì che non ci si occupi dell’enunciazione come qualcosa che nel passaggio dal virtuale all’attuale scarta tutte le potenzialità non attualizzate, ma appunto per riportare tutte queste potenzialità nell’interpretazione del testo. Il mondo possibile, così come la struttura di genere, secondo Todorov, è un orizzonte di attesa nel testo”. Nei film in questione non troviamo un semplice passaggio da un mondo ad un altro, ma una condizione liminare di perenne accessibilità tra diversi mondi possibili. Questo modo di rappresentazione trova il suo riferimento più immediato negli spazi della geometria non euclidea di Riemann. Dice Deleuze a proposito dei film di Bunuel, che come Marienbad e Inland Empire mostrano una molteplicità di mondi, in cui un avvenimento può accadere: “Non sono punti di vista soggettivi (immaginari) in uno stesso mondo, ma uno stesso avvenimento in mondi oggettivi differenti, tutti implicati nell’avvenimento, universo inesplicabile”. In Inland Empire lo sfaldamento, però, avviene su più piani contemporaneamente tutti afferenti a diversi sfondi interpretativi. Una rappresentazione di questo la troviamo nello spazio di Hilbert “Struttura che mostra l’infinita molteplicità di possibili messe in prospettiva di una vicenda attraverso un ground interpretativo, o punto di vista, e una successiva sovrapposizione di tutti i mondi possibili in cui si può articolare una vicenda da quel punto di vista. Si dovrebbero dunque immaginare una molteplicità di superfici riemanniane corrispondenti a ogni ground”. In uno spazio di infinite possibilità l’attualizzazione narrativa diventa il collasso di tutte le possibili alternative presenti. Ogni rappresentazione unitaria tenderebbe ad essere come l’esito finale e il punto di arrivo di una progressiva selezione di elementi operata dal soggetto. Portando alle estreme conseguenze tale impostazione si potrebbe, forse, intendere l’io-qui-ora come punto di arrivo e non più come origine. Per tre ore di rappresentazione cinematografica mi sembra una bella e ardua conclusione!

Chiedo scusa per aver sbrodolato un po’ troppo, ma l’entusiasmo nel parlare di questo film straordinariamente denso mi ha preso la mano. Come alternativa sempre aperta si può ignorare il presente post.

mercoledì 4 luglio 2007

Qual falena attratta dalla fiamma, ovvero INLAND EMPIRE

Accade talvolta d'essere colti da un moto di resipiscenza quando, dopo un ciclo lunare di attesa, il tempo è propizio per un incontro atteso, ma la scintilla non scocca ad innescare la reazione a catena che porta al calore della fiamma.
David Lynch è geniale. (No, è solo uno che si diverte a tue spese, Spettatore ignaro).
INLAND EMPIRE è un'esperienza sensoriale unica, un flusso di coscienza nel quale perdersi e ritrovarsi continuamente, come in un labironto dai muri mobili. (Non dire fesserie, hai avuto emicrania e dolori psicosomatici, hai cercato un senso dall'inizio alla fine e ti sei sentito preso in giro).
CONSIGLIATO PER: sofferenti di insonnia; laureati in filosofia biondi con gli occhi azzurri (secondo me il colore degli occhi è fondamendale, conoscevo un altro sciopenauer ed aveva lo stesso sguardo); ottimo per fare uno scherzo, mettendosi d'accordo prima in gruppo e facendo credere ad una persona un po' spocchiosa che tutti lo hanno capito, ma che non glielo spiegano per non rovinargli il gusto (ma davvero non l'hai capito? Guarda che alla fine torna tutto...I conigli, i conigli sono fondamentali).
SCONSIGLIATISSIMO PER: donne in gravidanza; impazienti; razionalisti praticanti; praticanti di arti marziali e tiro sportivo (per il bene del televisore).

Siete curiosi? Non vi resta che mettervi alla prova. In fondo il film (ma non è un film, è tutto girato in digitale) dura solo tre ore, e tutto sommato ne vale la pena.

venerdì 29 giugno 2007

“vincer non potero dentro me l’ardore ch’i’ ebbi a divenir del mondo esperto e de li vizi umani e del valore; ma misi me per l’alto mare aperto”

Se per Itaca volgi il tuo viaggio,
fa voti che ti sia lunga la via,
e colma di vicende e conoscenze.
Non temere i Lestrígoni e i Ciclopi
o Posidone incollerito: mai
troverai tali mostri sulla via,
se resta il tuo pensiero alto, e squisita
è l’emozione che ti tocca il cuore
e il corpo. Né Lestrígoni o Ciclopi
né Posidone asprigno incontrerai,
se non li rechi dentro, nel tuo cuore,
se non li drizza il cuore innanzi a te.

Fa voti che ti sia lunga la via.
E siano tanti i mattini d’estate
che ti vedano entrare (e con che gioia allegra!)
in porti sconosciuti prima.
Fa scalo negli empori dei Fenici
per acquistar bella mercanzia,
madrepore e coralli, ebani e ambre,
voluttuosi aromi d’ogni sorta,
quanti più puoi voluttuosi aromi.
Rècati in molte città dell’Egitto,
a imparare imparare dai sapienti.

Itaca tieni sempre nella mente.
La tua sorte ti segna quell’approdo.
Ma non precipitare il tuo viaggio.
Meglio che duri molti anni, che vecchio,
tu finalmente attracchi all’isoletta,
ricco di quanto guadagnasti in via,
senza aspettare che ti dia ricchezze.
Itaca t’ha donato il bel viaggio.
Senza di lei non ti mettevi in via.
Nulla ha da darti più.

E se la trovi povera, Itaca non t’ha illuso.
Reduce così saggio, così esperto,
avrai capito che vuol dire un’Itaca.

Itaca, Costantino Kavafis



I versi di Kavafis siano l’auspicio e l’astrolabio per chi si appresta, dopo aver concluso un piccolo cammino come quello che abbiamo condiviso, a rimettere sé stesso per “l’alto mare aperto” dell’esperibile. Auguro a ciascuno di raggiungere il luogo dei propri desideri, quella Itaca, per cui si intraprende il viaggio che è la vita e uno dei suoi possibili sensi.


Ad Itaca, e che la via sia lunga e piena!

domenica 24 giugno 2007

When I heard the learn'd astronomer

When I heard the learn'd astronomer,
When the proofs, the figures, were ranged in columns
before me,
When I was shown the charts and diagrams, to add,
divide, and mearure them,
When I sitting heard the astronomer where he lectured
with much applause in the lecture-room,
How soon unaccountable I became tired and sick,
Till rising and gliding out I wander'd off by myself,
In the mystical moist night-air, and from time to time,
Look'd up in perfect silence at the stars.

WALT WHITMAN

mercoledì 20 giugno 2007

Facce da esame


Se allo specchio vedete qualcosa di simile a questa pubblicità della Caesar's, forse è il caso di fare una pausa dallo studio.

giovedì 14 giugno 2007

domenica 10 giugno 2007

Jokes 2

Un giovane account molto timido una sera si reca in un bar, dove vede una stupenda ragazza sola in un angolo con la sua coca. Siccome proprio quel pomeriggio il capo della'agenzia per la quale lavora gli ha detto che deve cercare di darsi una svegliata e smetterla di aver paura della gente, dopo essersi fatto coraggio con una birra il ragazzo si avvicina alla giovane e le dice: "Buonasera. Mi chiamo Salvatore. Posso offrirti da bere?". Al che la ragazza, repentinamente e con un tono di voce offeso, gli urla in faccia: "No, non ci vengo a letto con te, lasciami in pace!". Tutti i presenti si voltano per osservare bene la coppia, guardando il ragazzo con riprovazione. Naturalmente l’account, rosso in viso per l’umiliazione, torna sconsolato al suo tavolino, pensando di aver fatto la solita figuraccia. Dopo qualche minuto la ragazza si avvicina sorridendo al tavolo del giovane e gli sussurra in tono accomodante: "Scusa per la scena di poco fa. Studio psicologia e sto osservando le reazioni delle persone ad una situazione fortemente imbarazzante" . Il giovane account senza perdere tempo e a piena voce allora le grida: "Cosa? 100 euro? Meglio dormire da solo che con te!".

lunedì 4 giugno 2007

Honni soit qui mal y pense!

Per venire incontro ad adverteaser, che rischia di tramutarsi nella biblica “Vox clamantis in deserto”, data la mancanza di altre voci che facciano eco alla sua nel silenzio, per l'appunto, desertico del presente blog, propongo una nuova autorevole riflessione sulla pubblicità e le sue modalità di costruzione dell’immaginario, operata da uno dei padri della scienza dei segni: Roland Barthes. Come scrive Umberto Eco: “Barthes ci ha insegnato l’avventura di un uomo di fronte ad un testo, non ci ha offerto modelli schematici da applicare, bensì un esempio vivente di come incantarci ogni giorno di fronte alla vitalità e al mistero della semiosi”. Quello che propongo è uno degli scritti contenuti nella raccolta “Miti d’oggi”, dove lo studioso francese svolge una acuta e penetrante analisi della cosiddetta cultura di massa, individuandone la capacità, fino ad allora da nessuno considerata, di costruire veri e propri mitologemi, insegnando, nello stesso tempo, una modalità di approccio alla realtà come universo significante, che credo sia particolarmente stimolante ed utile anche e soprattutto per chi si occupa di comunicazione.

“Pubblicità del profondo”

“Ho gia rilevato che oggi la pubblicità dei detersivi favorisce essenzialmente un’idea di profondità(…). Tutta la pubblicità dei prodotti di bellezza è anch’essa fondata su una sorta di rappresentazione epica dell’intimo. Le brevi indicazioni scientifiche destinate ad introdurre pubblicitariamente il prodotto gli prescrivono di pulire in profondità, eliminare in profondità, pulire in profondità, insomma infiltrarsi a qualunque costo. Paradossalmente nella misura in cui la pelle è prima di tutto una superficie, ma superficie vivente, quindi mortale, soggetta ad inaridire ed invecchiare, essa si impone agevolmente come tributaria di radici profonde, di quelle che alcuni prodotti chiamano lo strato basico di rinnovamento. La medicina permette d’alra parte di dare alla bellezza un significato profondo e di persuadere le donne che esse sono il prodotto di una sorta di circuito germinativo in cui la bellezza delle efflorescenze dipende dal nutrimento delle radici. L’idea di profondità e dunque generale. Sulle sostanze che si devono infiltrare e convertire all’interno di queste profondità, vuoto totale; ci si limita ad indicare che si tratta di principi o di succhi, tutto vocabolario molieresco, appena complicato da una punta di scientismo. No il vero dramma di tutta questa piccola psicanalisi pubblicitaria è il conflitto di due sostanze nemiche che disputano sottilmente l’instradamento dei succhi e dei principi verso il campo del profondo. Queste due sostanze sono l’acqua e il grasso. Ambedue sono moralmente ambigue: l’acqua è benefica, giacchè tutti possono vedere che la pelle vecchia è secca e le pelli giovanili fresche, pure;(…) pubblicitariamente, l’idratazione della profondità è perciò un’operazione necessaria. E tuttavia l’infiltrazione di un corpo opaco non sembra facile all’acqua si pensa che sia troppo volatile, troppo leggera, troppo impaziente per raggiungere queste zone criptuarie in cui si elabora la bellezza. (….) la sostanza grassa ha qualità e difetti diversi, la sua dolcezza è eccessiva, troppo durevole artificiale; non si può basare una pubblicità della bellezza sulla pura idea di crema, la cui stessa compattezza è sentita come uno stato poco naturale. Indubbiamente il grasso emana una idea di nutrimento, ma è più prudente esaltarlo come elemento veicolare, felice lubrificante conduttore d’acqua fin dentro le profondità della pelle. L’acqua è data come volatile, aerea, fuggitiva, effimera preziosa: l’olio , al contrario resiste, pesa, penetra lentamente le superfici, impregna si insinua definitivamente. Tutta la pubblicità dei prodotti di bellezza prepara così un miracoloso congiungimento di liquidi nemici, ormai dichiaratamente complementari; rispettando con diplomazia tutti i valori positivi della mitologia delle sostanze, la pubblicità arriva ad imporre la convinzione felice che i grassi siano veicoli d’acqua e che esistano creme acquose, dolcezze senza lucentezza. La maggior parte delle nuove creme sono perciò in special modo liquide, fluide, ultrapenetranti, ecc; l’idea di grasso così a lungo consustanziale all’idea stessa di bellezza, si rivela o si complica, si corregge di liquidità, a volte sparisce addirittura, fa posto alla fluida lozione, al tonico spirituale(..). Tale pubblica apertura dell’interiorità del corpo umano è d’altra parte una caratteristica generale della pubblicità dei prodotti da toilette. « Il marciume si espelle »: la Francia oggi è in gran fregola di pulizia.”
(R. Barthes, Miti d’oggi)

N.B. il titolo del presente post è rivolto a prevenire la corriva ilarità di maschio da caserma

domenica 3 giugno 2007

Quattro minuti

Quattro minuti è un gran bel film. Non è neanche "pesante", per cui ci potete portare il fidanzato o la fidanzata senza temere di essere lasciati per questo. Lo fanno solo in 32 sale in Italia, per cui mettetevi in azione e andate all'Odeon (porta Rudiae), dove potrete godere gratuitamente della sensazione di essere molto più giovani, visto che l'impianto è vintage, diciamo. Comunque il film merita assolutamente: mi dispiace solo di essere stato la persona più giovane in sala (su 25).
Non vi ho detto di cosa parla? Non intendo farlo. Le trame sono riduttive e fuorvianti.
Posso dirvi però che c'entrano il pianoforte e la prigione, la Germania e la gelosia, il talento e la grettezza, l'amore e la rabbia, la disciplina e la ribellione. E c'è la musica negra...

sabato 2 giugno 2007

AUGURI!!!!!!!!!!!!

RAGAZZI VOGLIAMO FARE I NOSTRI AUGURI A NICOLA E A SUA MOGLIE CHE OGGI SI SONO SPOSATI?
AUGURIIIIIIIIIII!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

sabato 26 maggio 2007

Galatina per caso

Oggi pomeriggio il (quasi) puro caso mi ha spinto a Galatina, dove sono rimasto colpito allo stomaco da due cose.
La prima è molto negativa: il centro storico è praticamente abbandonato, si vede solo qualche vecchina con relativo cagnetto (modello paradidmatico: yorkshire rinco). Troppe le abitazioni vuote e fatiscenti, introdotte da pregevoli archi in pietra a tutto sesto e massicci portoni in legno ingenuamente scolpiti. Scommetto che anche qui prevale la vogue della casa nuova in periferia.
Nick, illuminami.
La seconda è molto positiva: ho visitato la basilica di santa Caterina, curata amorevolmente dai frati francescani.
Deliziosa.
Scommetto che la conoscete tutti benissimo. E non mi dite nulla? E' una meraviglia, è spirituale, trasmette tenerezza e rispetto.
Nick, non dirmi che ti sposi lì!

lunedì 21 maggio 2007

Note sul fermo in moto

Distante dalla sontuosa, crepitante e fantasmagoricamente barocca messinscena segnata da testi filmici come Mean Streets, Goodfellas e Casinò, The Departed appare qualcosa di decisamente altro, che va a inscriversi nella categoria del “semplice” lungometraggio di genere. Scorsese torna ad una materia a lui particolarmente congeniale con una storia di mafia, violenza, corruzione e tradimento, qui, però, la proverbiale grandeur malavitotosa rimane sullo sfondo in favore di un girato asciutto, senza fronzoli intento a seguire, più che le sfumature del Bildungsroman, o l’intento descrittivo dell’Affresco, le ragioni di una trama articolata, di un plot carico e stratificato, che risolve l’eternamente paradigmatico intreccio di Male e Bene, Peccato e Redenzione, in una parabola che si dipana in un gioco di specchi altamente carico di suspence. Scorsese sembra far ricorso ad uno stile che lavora per sottrazione perfettamente funzionale alla materia narrativa e al suo procedere, senza concedere nulla a civetterie e ammiccamenti registici. Storia e personaggi acquistano consistenza con il procedere del film, il ritratto di due mondi apparentemente lontani, in realtà uniti in un vortice dialettico, risulta efficace con tutta la sua capacità di creare gemmazioni di doppi giochi,rovesciamento di ruoli, ambiguità nell’assegnazione di un carattere. Non completamente risolto mi sembra il finale con la straniante cadenza di morti e sangue al limite del paradistico che allenta l’effetto generale. Giustificato dalla necessità di alimentare il tema del tradimento, ma comunque non pienamente convincente e forzato il ménage à trois. Per quanto riguarda gli attori il più meritevole mi sembra Di Caprio, nuovo volto ricorrente della filmografia scorsesiana, buona la prova di Jack Nicholson che non esagera nel suo solito istrionismo attoriale, meno convincente Matt Damon.

P.S.1 Sottolineo l’appropriato rimando di maschio da caserma, Infernal Affairs è il riferimento diretto dello sceneggiatore William Monahan.

P.S.2 Per rimanere in tema di consigli cinematografici, invito caldamente alla visione di Inland Empire di David Lynch (a mio modestissimo avviso il più grande regista vivente) perturbante e labirintico capolavoro in grado di operare un inusuale depistaggio percettivo nei confronti dello spettatore.

domenica 20 maggio 2007

THE DEPARTED

Babbani miei,
ho finalmente visto "The Departed" di Scorsese e vi suggerisco di non perdervelo...Il cast è strepitoso: un cattivissimo Jack Nicholson, un paraculissimo Matt Damon, un muscoloso e sofferente Leonardo di Caprio, un paterno Martin Sheen, un cinico Mark Walhberg, tutti insieme per oltre due ore di tensione ed emozioni in un gioco di destini paralleli.
Guardatelo e fatemi sapere!

mercoledì 16 maggio 2007

A T T E N Z I O N E ! ! !

Dal Blog di Beppe Grillo parte un' iniziativa. Provare non costa nulla...COME AVERE LA BENZINA A META' PREZZO?Anche se non hai la macchina, per favore fai circolare il messaggio agli amici.Benzina a metà prezzo? Diamoci da fare...Siamo venuti a sapere di un'azione comune per esercitare il nostro poterenei confronti delle compagnie petrolifere.Si sente dire che la benzina aumenterà ancora fino a 1.50 Euro al litro.UNITI possiamo far abbassare il prezzo muovendoci insieme, in modointelligentee solidale.Ecco come.La parola d'ordine è "colpire il portafoglio delle compagnie senza ledercida soli".Posta l'idea che non comprare la benzina in un determinato giorno ha fattoridere le compagnie (sanno benissimo che, per noi, si tratta solo di unpieno differito, perchè alla fine ne abbiamo bisogno!), c'è un sistema cheinvece li farà ridere pochissimo, purché si agisca in tanti.Petrolieri e l'OPEC ci hanno condizionati a credere che un prezzo che variada 0,95 e 1 Euro al litro sia un buon prezzo, ma noi possiamo far loroscoprire che un prezzo ragionevole anche per loro è circa la metà. I consumatori possono incidere moltissimo sulle politiche delle aziende;bisogna usare il potere che abbiamo.La proposta è che da qui alla fine dell'anno non si compri più benzina dalledue più grosse compagnie, SHELL ed ESSO, che peraltro ormai formano un'unicacompagnia.Se non venderanno più benzina (o ne venderanno molta meno), sarannoobbligate a calare i prezzi.Se queste due compagnie caleranno i prezzi, le altre dovranno per forzaadeguarsi.Per farcela, però dobbiamo essere milioni di non clienti di Esso e Shell, intutto il mondo.Questo messaggio proviene dalla Francia, è stato inviato ad una trentina dipersone; se ciascuna di queste aderisce e a sua volta lo trasmette a,diciamo, una decina di amici, siamo a trecento.Se questi fanno altrettanto, siamo a tremila, e così via.Di questo passo, quando questo messaggio sarà arrivato alla "settimagenerazione", avremo raggiunto e informato 30 milioni di consumatori!Inviate dunque questo messaggio a dieci persone chiedendo loro di farealtrettanto.Se tutti sono abbastanza veloci nell'agire, potremmo sensibilizzare circatrecento milioni di persone in otto giorni!E' certo che, ad agire così, non abbiamo niente da perdere, non vi pare?Vaffanculo per un pò ai bollini e regali e baggianate che ci vincolano aqueste compagnie.
Coraggio, diamoci da fare.

giovedì 10 maggio 2007

Seven from heaven...


Seven angels? Seven pop stars? Seven businnes women? I wish you joy and happiness, Ladies.

mercoledì 9 maggio 2007

Sunglasses


Very cool, aren't they?

martedì 8 maggio 2007

Accessori per pc? Meglio non perderli

Con mia somma autocommiserazione stamattina prestissimo mi sono accorto di non avere più l'alimentatore del mio notebook! Come sapete, questo sabato l'ho prestato a prof. Talamo, per cui sono andato al Tiziano, dove mi hanno gentilmente consegnato le chiavi della Giotto per una verifica, purtoppo deludente. Torno a casa ed eseguo una ispezione certosina (modello smantellamento), quindi mi rassegno e parto in caccia del ricambio. Decido di trasformare questa beffa in una piccola indagine sui negozi d'elettronica più blasonati...Comincio da Mediaworld di Surbo (località deliziosa per gli amanti del genere horror), nel quale trovo un alimentatore universale Trust a 59,00 e uno cinese (no logo, diciamo), a 49,00. Il personale è indaffaratissimo, quindi non ci perdo tempo e vado a Cavallino, al Pc City, dove credo di risolvere. Qui una ragazza molto gentile non si accorge di avere il pezzo universale (49,00, china) e mi propone di ordinare l'originale...Tempi lunghi, inaccettabile! Voi sapete che ogni azienda (Bmw come Hp) vi dirà sempre che se non usate ricambi originali peste vi colga, ma occore un pò di buon senso. Vado quindi da Unieuro, sempre a Cavallino, dove il commesso mi chiede se ho con me il pc. Io lo guardo perplesso e gli dico che è un hp pavilion dv5000 (come dire, che altro ti serve? Con internet puoi sapere tutte le caratteristiche in 3 secondi). Lui si avvia lemme lemme lungo uno scaffale enorme, e dopo circa un minuto giunge alla conclusione che ha finito gli alimentatori. Gli chiedo quanto tempo ci vuole per far arrivare il pezzo e lui mi dice che non può ordinarmelo! A questo punto ringrazio e vado via molto ma molto perplesso...
Entro da Eldo e vedo che hanno il prodotto della Trust in due varianti per l'auto e solo quello! Io sono quasi tentato di prenderlo con un adattatore, perchè il modello economico viene 29,00, ma la commessa mi dice che non sa se hanno l'adattatore e non sa dirmi se va bene per il mio pc. Insomma, mi dice chiaramente che lei non capisce niente di pc, che se posso aspettare 35 minuti (e qui la mia bocca era a forma di O) prende servizio il collega. Mamma mia. A questo punto sono quasi convinto che dovrò andare in un negozio hp e spendere un capitale, però ho ancora la voglia di tornare a Surbo, questa volta all'Ipercoop, dove trovo un prodotto italiano a 34,90, che è quello che sto usando ora.
Morale della favola: ti vendono i prodotti grossi dove si fanno i soldi veri e ti vendono gli accessori che puoi prendere da solo. Nel momento in cui hai davvero un problema, la grande distribuzione mostra tutti i suoi limiti.
Sogni d'oro.

venerdì 4 maggio 2007

Quando il Salento era Calabria


Grandissimo il mio stupore nell'apprendere come sotto Roma imperiale il Salento non fosse denominato Messapia (più antica?) o Apulia (più a nord), bensì proprio Calabria, e come solo grazie a successive vicende l'attuale Calabria, già Brutium, già Italia, abbia assunto questo nome, mentre la vecchia Calabria, ossia l'odierno Salento, diventava Langobardia.
Qualcuno ha un Moment?

lunedì 30 aprile 2007

Lecce arredo, m'hai fregato una volta...

...ma non mi vedrai mai più!
Mes amis, nella mia foga esploratrice mi sono avvicinato al "salone regionale (sic!) dell'arredamento" di Galatina con le migliori intenzioni...Ma mi hanno fatto proprio pena. Io non dico, ma se non sei del posto e arrivi in un paese sperdiu trovando la via d'accesso interrotta, che devi pensare? Devi pensare male, e infatti...Arrivato alla Fiera dopo una peregrinazione nella zona industriale, mi rubano 1,50 euro per il parcheggio e 4 euro a testa per l'ingresso. Attenzione: molte riviste free press offrono buoni omaggio, quindi, se proprio dovete, cercate almeno di non pagare. Una volta dentro, quello che ti colpisce sono, nell'ordine: 1) il caldo; 2) l'odore (leggi puzza); 3) il niente. Pochissimi pezzi di design, molto ciarpame e offerte fiera di dubbia convenienza. Guardate, la security rappresenta bene il resto: uno strabico, un anziano secco e basso ed un ventenne obeso, roba da circo Barnum...E non vi dico i venditori...la mancanza di professionalità era talmente scadalosa che veniva da ridere.
In fondo sono buone notizie per noi: vuol dire che nel Salento c'è gran bisogno di bravi organizzatori d'eventi e di comunicatori.
E per andare via? Siccome in concomitanza con la Fiera c'era pure una festa di paesello, il centro era chiuso e ho dovuto ritrovare la via di casa con la bussola mentale.
A si biri, Galatina. Grazie tante e a buon rendere.

martedì 24 aprile 2007

Links

Care babbane,
non lasciate questo blog in mano agli uomini, ai maschi ed ai filosofi!
Intanto segnalo 4 links, tratti dai miei preferiti:
www.marketingusabile.blogspot.com;
www.pubblicitàitalia.it;
www.barilive.it;
www.brandforum.it.

IL MAESTRO


Comunicazione interna Master sede Lecce:
Il Docente Brass terrà un seminario a Bari sulla comunicazione "creativa" per ulteriori informazioni contattare la tuttor d'aula..P.S. si prendono le presenze.

Sottopongo ai giovani virgulti della creatività pubblicitaria una riflessione che analizza in termini critico-semiologici l’ambito proprio della loro attività. È uno spunto stimolante che può essere l’avvio di una, spero proficua, riflessione.

“Una indagine retorica pubblicitaria ci porterebbe alle seguenti conclusioni:

1) Topoi e tropi sono strettamente codificati e ogni messaggio non fa che ripetere ciò che l’utente già si attendeva e conosceva.

2) Le premesse sono nella maggioranza dei casi accettate senza discussioni anche se false, e comunque non sono né ridefinite né poste in discussione.

3) L’ideologia evocata da qualsiasi comunicazione è quella del consumo.

4) Dato che i campi entimematici sono talora così complessi che non è concepibile che siano colti ogni volta dal destinatario, c’è da pensare che ormai, in base ai processi di codificazione assai stretti, anche i processi argomentativi siano ricevute come sigle di sé stessi, come segno convenzionale. Si passerebbe in tal caso dall’argomentazione all’emblematica. L’annuncio non esporrebbe le ragioni per cui comportarsi in un certo modo, ma esporrebbe una bandiera, uno stemma, a cui per convenzione si risponde in un certo modo.

Queste conclusioni porrebbero in forse l’efficacia del discorso pubblicitario. Potrebbe essere obiettate che di fatto certe comunicazioni funzionano più di altre, ma sarebbe lecito domandarsi qual è il ruolo giocato dalla persuasività dell’argomentazione, quale quello giocato da altri fattori extracomunicativi che sfuggono all’analisi di chi si sofferma solo sull’analisi del messaggio. (…..)

L’ipotesi che ci ha accompagnato in questa proposta di ricerca è che probabilmente la comunicazione pubblicitaria, così legata alla necessità del ricorso al già acquisito, si avvalga per lo più di soluzioni già codificate. In tal caso una mappa retorica della pubblicità servirebbe a definire senza possibilità di illusioni l’estensione entro il quale il pubblicitario, che si illude di inventare nuove formule espressive, di fatto sia parlato dal proprio linguaggio.

La funzione morale della ricerca semiologia consisterebbe allora nel ridurre le illusioni “rivoluzionarie del pubblicitario idealista, che trova continuamente un alibi estetico al proprio lavoro di “persuasore a comando” nella convinzione di stare lavorando alla modificazione dei sistemi percettivi, del gusto, delle attese del proprio pubblico, di cui provvederebbe Ad un contino tirocinio dell’intelligenza e della immaginazione. Potrebbe essere allora interessante prendere coscienza del fatto che la pubblicità non ha alcun valore informativo. Anche se questi suoi limiti non dipendono dalla possibilità di un discorso persuasivo (i cui meccanismi permettono avventure ben più nutritive) ma dalle condizioni economiche che regolano l’esistenza del messaggio pubblicitario”.

(U. Eco, La struttura assente)

giovedì 19 aprile 2007

Oggi è il compleanno di una nostra babbana....AUGURI DANIELA!!!!
un bicchierozzo alla tua salute....
Piccola selezione di immagini legate al guerrilla marketing...
Una è italiana (Venezia: aeroporto e casino si promuovono)
Un'altra è legata al lancio del nuovo film si SUPERMAN
L'ultima invece promuove una colla...super fissante.



mercoledì 18 aprile 2007

Joke 1

In un'agenzia pubblicitaria viene organizzata una battuta di caccia al cinghiale sui monti della Barbagia. Si formano tre squadre: la prima di art directors, la seconda di copywriters e la terza di account executives.
Per primi si inoltrano nei boschi gli art directors, i quali, vestiti come gli elfi di Tolkien ed armati solo di arco e frecce, rientrano in poco tempo con un cinghiale di discrete dimensioni.
I copywriters non vogliono certo essere da meno, ed attingendo alla loro vasta cultura letteraria, un po’ Zanna Bianca, un po’ Cuore di Tenebra, si addentrano nel bosco vestiti come degli esploratori in Africa ed armati di doppietta. Dopo un tempo lunghissimo e dopo aver sparato l’impossibile, ne escono stanchissimi e incazzatissimi, ma con un cinghiale di grandi dimensioni, declamando versi di Omero.
I commerciali pensano: e noi chi siamo? Si abbigliano in giacca, cravatta e doppiopetto, una valigetta elegante appresso e un sorriso a 32 denti stampato fisso sul volto, poi si incamminano fra gli alberi con passo deciso. Dopo pochissimo tempo, ne escono correndo a perdifiato, inseguiti da un cinghiale mostruso, di proporzioni esagerate, ringhiante ed affamato. Senza fermarsi uno dei commerciali indicando con il pollice dietro urla ai colleghi delle altre squadre: - Noi il cinghiale lo abbiamo trovato... adesso sono cazzzzzi vostriiiii!!!

martedì 17 aprile 2007

Virginia di sangue


Gli americani adorano le armi da fuoco, un culto che richiede ogni giorno il sacrificio umano di otto minorenni. Avete visti il film di Moore "Bowling at Colunbine?" Beh, io oggi per venti secondi credevo si trattasse di una qualche commemorazione, invece il coreano Cho ha voluto battere il record: 33 cadaveri (lui incluso), pare da solo e senza armi automatiche...E' pur vero che gli orientali sono dei secchioni. C'era anche un pugliese nel college, che se l'è scampata per puro caso. God bless America?

Stress?


My dear Babbans,

it seems to me that you are a little bit too stressed about this blog...So maybe I can be helpful by a simple advice...

lunedì 16 aprile 2007

premio per marketing online

Yahoo! sta promuovendo il premio Big Idea Chair per dare visibilità ai migliori lavori nel marketing online, con la collaborazione dell'Art Director Club Italia e Maurizio Sala (che ne è il Presidente) come capo della giuria.

I tempi però sono strettissimi: entro il 17 aprile vanno presentate le creatività per partecipare alla selezione.

Tutte le info sul sito Big Idea Chair con la bella poltrona viola a fare da testimonial.

clicca qui per saperne di più

domenica 15 aprile 2007

Collezione Devanna al Castello Carlo V

Care babbane e babbani,
vi segnalo l'interessante mostra della collezione Devanna, allestita nella splendida cornice del castello Carlo V di Lecce, visitabile fino al 22 aprile per soli 2 euro. Si tratta di dipinti perlopiù italiani (ma c'e anche qualche francese e qualche teesco o fiammingo) datati tra il cinquecento e il ventesimo secolo. Se ci andate, divertitevi a scoprire quali opere sono state restaurate e quali no...comunque il castello è bellissimo di per sé, con quella sala enorme che fa sognare di dame e cortigiani.

ispirazioni

Questo blog si è già fermato?O state pensando a cosa scrivere...?
Non c'è miglior modo di cercare un'ispirazione che ascoltando un po di musica...
Ecco la mia proposta:

lunedì 9 aprile 2007

Buona Pasquetta!!!!!!!!

Un saluto a tutti i babbani; visto che alcuni di voi hanno fatto gli auguri di buona Pasqua, io vi auguro una felice e divertente pasquetta!
buon divertimento!!!!!!!!!

domenica 8 aprile 2007

AUGURI!!!!!!!!!!

TANTI AUGURI DI BUONA PASQUA A TUTTI GLI AMICI DEL MASTER!!!

sabato 7 aprile 2007

auguri

approfitto del blog per fare gli auguri di buona Pasqua a tutte le personcine carine che ho conosciuto grazie a questo Master.

AUGURI A TUTTI I BABBANI!!!


Ciao babbani,

per augurarvi buone vacanze pasquali vi faccio ridere un po'....

auguri da ale

mercoledì 4 aprile 2007

dal web al web 2.0 e via definendo


da impaziente.org

Scopri scopri ti accorgi che c'è sempre qualcuno che spinge in avanti il limite e che, diciamo la verità, ti fa sentire indietro, out, anzi off.
Da tempo ormai si parla del cosiddetto web 2.0 come di quella evoluzione del web, in atto, per cui la rete non è più quella di una volta, quella che ti permetteva di accedere ad una serie di informazioni e contenuti che prima trovavi solo nell'enciclopedia immacolata poggiata sopra gli scaffali del soggiorno di casa tua.
Facciamo un po' di chiarezza: il web è internet come lo conosciamo, come quando chiudi gli occhi e cerchi di immaginartelo...così. Ti permette di comunicare via mail, di interagire via chat, di consultare contenuti, di accedervi, scoprirne di nuovi, scambiarli.
Cos'è il web 2.0? Sarebbe la definizione, oramai datata, della rete internet intesa non più come fonte dalla quale attingere ma come un divenire continuo alimentato dagli utilizzatori.

continua a leggere

martedì 3 aprile 2007

Quiz: Indovina il personaggio


Cari babbiobi e babbione riuscite ad identificare il " VIP" nella foto??????
Al vincitore l'iscrizione gratuita al albo dei pubblicitari Tp.

Itaca

Delicati e fragili babbanucci miei,
vi scrivo dopo 22 deliziose ore di treno + traghetto + autobus. Sull'Eurostar Lecce-Roma Termini (partenza 12,14, arrivo 18.20, 47 euro, +10% da gennaio) le prese della corrente non funzionavano e non c'era copertura umts, sicchè zero internet e ben poca autonomia. Va bene...A Roma perdo la coincidenza perchè il suddetto Eurostar fa ritardo e rimango impiccato fino alle 20.08, quindi mi faccio una pizza in un posto gestito da un pakistano dove non porterei mai una donna, ma che costa la metà che dentro la stazione. Ad un certo punto due tizi cominciano a litigare di brutto in arabo e quasi mi convinco che uno sbudellerà l'altro...poi capisco che è solo un mega-super-cazziatone...ma mooolto convincente, anche se io proprio l'arabo non è che...comunque prendo il mio treno delle 20.08 e già mi sento mezzo a casa, perchè risuona la mia lingua. Incontro una ragazza di Orotelli in fuga da Bari e l'aiuto con con un valigione enorme. Mi chiede cosa faccio e non riesco a spiegarle cos'è il marketing (con mia nonna non ci provo nemmeno). Si illumina quando sente la parola magica pubblicità. Ecco cosa stiamo diventando. Fare pane, è un mestiere. Fare muri, anche. Ma cos'è 'sto marketing?
In nave (partenza ore 23.00, arrivo 6.30, 35 euro la poltrona di seconda) mi piazzo nel sacco e trovo pace fino alle 6 del mattino dopo. Tra l'altro il traghetto è mezzo vuoto e la Tirrenia ci regala le poltrone di prima classe, ma è molto meglio il sacco, se vi fidate dell'esperienza. Sbarco alle 6.55, e perdo la seconda coincidenza (6.30). Mi compro Repubblica e l'Espresso e leggo l'articolo sui veleni di Taranto e Brindisi. Ragazzi facciamo qualcosa che sto sentendo la rabbia crescere in corpo. Puglia pattumiera. Puglia alla diossina. Ragazzi sveglia, difendete la vostra terra...Il tragitto in autobus è la parte peggiore: partenza alle 8.00, facciamo sosta in tutte le frazioni, gli ovili e gli stazzi. Risultato: 1 h 50 min. per fare cinquanta km, su un bus massacrato dagli studenti, con una fetida aria condizionata. Poi, finalmente...
Itaca.

tutti insieme appassionatamente...

ciao ragazziiiiiiiiiii!!!!
messaggio per coloro che dovranno andare a Bari venerdì mattina (che palle!). c'è qualcuno che mette a disposizione la propria auto (dividendom ovviamente la benzina) o andate in treno? per favore rispondete!
ciaooooo

lunedì 2 aprile 2007

anche questa è creatività...


Qualche giorno fa ero immersa in una passeggiata romantica con il mio ragazzo nella pineta di Torre dell'orso, quando qualcosa, per terra, ha catturato la nostra attenzione. Gli aghi di pino avevano quasi formato un disegno.
Lo abbiamo re-interpretato, ri-modellato ed è venuto fuori questo...
La domanda è: voi cosa ci vedete? giusto per capire se sono un'artista o se semplicemente, devo cambiare spacciatore!!

PER DELOGU

Delogu,
vorrei sapere cosa caspita vuol dire quella frase (a mò di esorcismo) presente in un commento alla mostruosa foto del nostro caro amico Lorenz. Sono troppo curiosa...
La ringrazio anticipatamente per la risposta.
Cordiai saluti. (...)

domenica 1 aprile 2007

Che ne pensate??

Ciao Babbani,
ho fatto le prime modifiche, per adesso ho solo modificato un po' i colori lasciando lo steso modello. Così i colori mi sembrano meno freddi...comunque datemi dei suggerimenti se ne avete, magari qualcuno di voi ha dei gusti migliori dei miei.....altrimenti poi potremmo cambiare modello, anche se ormai io mi sono abituata alle palle come sfondo...
ciao ciao

BENVENUTA NEL BLOG COMASIA!!!!!


Spero ke ti piaccia...certo non è bello come a quelli ke fai tu!!!!

sabato 31 marzo 2007

PER MATTEO!!!!!

Matteo mi dici come faccio a mettere un video di youtube sul blog? GRAZIE!!!!!!

ECCO IL VERO BABBANO!!!!!!!


A grande richiesta rimetto la mia foto più bella...mi raccomando andateci piano con i commenti!!!

venerdì 30 marzo 2007

giovedì 29 marzo 2007

finalmente ... anch'io sono nel blog

non ci crederete... ma non è stato facilissimo,
ci vediamo in aula, buona serata

A proposito di Lorenzo Marini...

Cari babbani....
a proposito di Lorenzo Marini..che ne direste di invitarlo a partecipare al nostro blog?
Potremmo mandargli una mail e invitarlo....sarebbe FORE DE CAPU!!! (si vede che sto diventando salentina!) Che ne pensate?? dite la vostra.
Baciiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii

mercoledì 28 marzo 2007

Intervista a Lorenzo. Marini, of course.

Splendidi babbani, su pubblicitaitalia.it c'è una bella intervista al nostro Lorenzo. Trovate il link in home page.

madòòòò

...e menomale che avevo dato l'esempio in aula!!!
non riuscivo a mandare un post...
ora ci sono anch'io!
un bacione a tutti tutti!

GRANDE VALERIA ( la siciliana:-))

ti ringrazio per la dritta, ero sull'orlo di una crisi di nervi..:-)

Nomen omen

Obtorto collo devo riconoscere la titolarità dell'epiteto "maschio da caserma" a Salvatore

Calciofili accaniti



Ciao ragazzi..

visto che sono un appassionato e ce ne potrebbero stare altri, vi pubblico le quote aggiornate delle scommesse sportive che si giocano in ricevitoria qui da me!!!


Mi raccomando per oggi a tifare la nostra Nazionale impegnata in un match valido per le qualificazioni ad EURO 2008 contro la Scozia!!!quidi FORZ... IT.....!!!ma porc'......vaff'...anche lo slogan ci ha levato!!!

Strani insetti


Ieri pomeriggio sono andato a Sava: un Camel Trophy in salsa piccante pugliese! Per quattro o cinque gocce d'acqua le strade si trasformano in una successione di laghetti alpini, piscine olimpioniche, paludi pontine, vasche idromassaggio, mari piccoli, mari grandi, in particolare negli svincoli delle superstrade, all'uscita delle curve più pericolose...Ma c'è Manduria che batte tutti, è uno sfacelo post-atomico. Come dicono loro, è "la città del primitivo", forso occorre circolare con il mulo? Però che bella la chiesa di Sant'Antonio! Comunque ieri un mezzo anfibio mi avrebbe fatto felice...

martedì 27 marzo 2007

OGNI TANTO MI FACCIO SENTIRE...

Ciao a tutti,
sono la vostra cara amministratrice...non tanto presente...purtroppo sto preparando un esame per martedì e non ho molto tempo...e poi ogni volta che mi collego una cosa tira l'altra e il tempo vola....la magia della rete!!!
Comunque ho provato ad aggiornare l'orario, ma non ci sono riuscita, proverò ancora....
PS:fatemi sapere se per voi va bene modificare i colori dello sfondo, visto ke a qualcuno non piaceva, ok?
Un bacione a tutti
Ciao Ciao

Per Valeria Montagna

Ciao Vale e ciao a tuttttttiiiiiiiiii
ho avuto il tuo stesso problema non riuscivo più a postare..poi, IL GRANDE MATTEO mi ha risolto il problema!!
Vai su www.blogger.com/start e clicca su nuovo blogger.
Grande Matteo...erede di Bill Gates....erede spirituale si intende!
Ciao a tuttiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii

Via Vai


Il via vai è impressionante...lo scricchiolio della porta antipanico è ipnotico...davanti allo schermo con la connessione che va e viene...lancio i miei soliti sguardi maldestri alla responsabile risorse umane...che risponde...ma mi spazientisco perchè non riesco a decifrare la sua posizione rispetto alle mie buffe avances a distanza.
I miei amici su messenger mi chiedono di decidermi se entrare o uscire...(vedi connessione)...
Nel frattempo...lieto evento..."hester" chiede di essere aggiunta ai miei contatti su skype...chi è Hester?Non ne ho idea, so solo che è ghanese e lavora per una compagnia elettrica africana " as data entry clerck"...cercava solo qualcuno con cui parlare...e a trovato me...inizio a chattare con lei visto che non posso parlarci...il mio capo incombe...e mi diverto...
A proposito di libertà sul luogo di lavoro, dunque, questo avvenimento apre nuovi spazi alla riflessione...un italiano...conosce una ghanese...mentre lavora...con il computer...ma non potrebbe...
Io mi sento spiazzato e sinceramente, da appossionato di science fiction, avanzo la mia ipotesi: e se fosse proprio il mio capo a fingersi Hester dal Ghana per darmi dieci minuti di sollievo?Spero di no...Hester mi piace...molto...oddio!!

E...

E...
Vuoi da bere
Vieni qui
Tu per me
Te lo dico sottovoce
Amo te
come non ho fatto in fondo
con nessuna
resta qui un secondo
E...
se hai bisogno
e non mi trovi
cercami in un sogno amo te
quella che non chiede mai
non se la prende
se poi non l'ascolto
E...uo...e...
sei un piccolo fiore per me
e l'odore che hai
mi ricorda qualcosa
va bè...
non sono fedele mai
forse lo so
E...
quando sento
il tuo piacere che si muove lento
ho un brivido
tutte le volte che il tuo cuore
batte con il mio
poi nasce il sole...
E...uo...e...
ho un pensiero che parla di te
tutto muore ma tu
sei la cosa più cara che ho
e se mordo una fragola
mordo anche te
uo...E...
sei un piccolo fiore per me
e l'odore che hai mi ricorda qualcosa
va bè...
non sono fedele mai
ora lo so.

lunedì 26 marzo 2007

cara amministratrice...

vorrei sollecitare la nostra amministratrice, spett.le dott.ssa Resta, a smettere di grattarsi la pancia ed aggiornare l'orologio.
distinti saluti.

Un omaggio, perchè no?


Dopo vani tentativi...

.... e dopo due errori di battitura, volevo ringraziare tanto il Prof. Baldassarre sia per le ore piacevoli e molto interessanti che ci ha fatto trascorrere, sia per il bellissimo e divertente luogo di incontro che ci ha permesso di creare.
Finalmente dopo tanti mesi insieme abbiamo anche noi il nostro punto di contatto virtuale".
Grazie ancora prof!!!!!!!!!!
Ciao a tutti ragazzi****